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Celiachia, da malattia rara e pediatrica a malattia che colpisce gli adulti, soprattutto donne

di Silvia Valenti

Negli ultimi trent’anni si è assistito ad un incremento dei pazienti con malattia celiaca e disordini glutine correlati, passando da un caso su 2mila persone a uno su 150. Secondo le stime, la patologia colpisce prevalentemente le donne, con un rapporto 3:1 rispetto agli uomini. I più colpiti sono i bambini tra i 4 e gli 8 anni e negli adulti il maggior numero di casi si riscontra tra i 25 e i 35 anni.

«I numeri della celiachia parlano da soli: 600mila i casi evidenziati dagli screening, pazienti in cospicuo aumento e sommerso in costante impennata – sottolinea il Prof. Maurizio Vecchi, Direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia dell’IRCCS Cà-Granda di Milano -. Sono infatti oltre 400mila i pazienti che oggi rappresentano la porzione nascosta di questa malattia autoimmune scatenata dal glutine e segnata da difficoltà diagnostiche. A fronte dell’incremento della malattia celiaca assistiamo a una forte spinta scientifica che sta radicalmente cambiando sia la fase diagnostica che di controllo di questo tipo di patologie. Alle prime avvisaglie sospette, come diarrea persistente e gonfiori addominali costanti, anemia e difficoltà di assorbimento delle vitamine, ci si dovrebbe sottoporre al test. La celiachia è forse l’unica malattia che, attraverso dei marcatori sierologici, ci permette di arrivare a una diagnosi certa al 99%. La lotta al sommerso parte proprio da qui, dall’aderenza al test. Soprattutto per tutti quei soggetti geneticamente predisposti».

A mutare è stata anche la natura stessa della malattia: se trent’anni fa la celiachia era prevalentemente pediatrica, che interessava tra i 3mila e i 5mila soggetti italiani, considerata “rara” dallo stesso Sistema Sanitario Nazionale, oggi la situazione si è ribaltata. In età pediatrica si parla soltanto di circa 30% di casi, il restante 70% si manifesta invece in età adulta. Alla base vi è una duplice ragione: una maggiore facilità nella diagnosi e un radicale cambiamento nel nostro stile di vita, con una generale alimentazione meno varia e più ricca di ferine raffinate. «Oggi è molto più semplice diagnosticare la celiachia, facendo facilmente emergere il sommerso – spiega il Dott. Luca Elli, Responsabile Centro Celiachia, Fondazione IRCCS Cà-Granda di Milano -. Inoltre esiste una tendenza reale all’aumento di questa patologia autoimmune, dovuto a molteplici cause, molte ancora teoriche. Ad esempio il cambiamento nella coltivazione degli alimenti, molto più intensiva e fertilizzata, lo stile di vita, l’uso di antibiotici anche nell’età pediatrica».

Chiarire le distinzioni tra celiachia e sensibilità al glutine e al grano e puntare alla trasmissione di un forte messaggio di consapevolezza sulla malattia celiaca sono gli obiettivi del Convegno Nazionale Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020, che ha riunito oltre 550 specialisti tra gastroenterologi, internisti, biologi, nutrizionisti, dietisti, psicologi, infermieri e operatori sanitari presso l’Università degli Studi di Milano. Il congresso, promosso dal Centro per la prevenzione e diagnosi della malattia celiaca della Fondazione IRCCS Cà Granda ospedale Maggiore Policlinico di Milano, è stato diretto dal Prof. Maurizio Vecchi Docente di Gastroenterologia all’Università di Milano e dal dott. Luca Elli, Responsabile Centro Celiachia, Fondazione IRCCS Cà-Granda di Milano.

Dalla celiachia non si guarisce, ma ci si può convivere bene. Se fino ad ora l’unica terapia disponibile è la dieta libera da glutine, sono in corso ricerche che mirano ad alleggerire il peso di una quotidianità alimentare rigida e con un peso economico rilevante. Oggi si sta infatti tentando di modificare la risposta immune dei pazienti e di manipolare il glutine assunto, su questo fronte, infatti, a breve arriveranno sperimentazioni cliniche sull’uomo con specifiche molecole. Durante l’ultimo congresso internazionale della Celiachia a Parigi dello scorso settembre 2019, è stata annunciata l’interruzione della ricerca sul vaccino: l’idea di sconfiggere e eradicare definitivamente la malattia, è quindi tramontata. La tendenza che probabilmente potrà verificarsi, invece, si riferisce ad una terapia sempre più personalizzata in modo tale che i pazienti possano reintegrare nella loro dieta alcuni alimenti con glutine.

La cultura dell’alimentazione “senza” è diventata purtroppo una moda non dettata da necessità mediche e pertanto può risultare anche dannosa per la salute. Per ogni italiano che soffre di celiachia certificata ce ne sono almeno 30 che consumano alimenti privi di glutine pur senza averne bisogno, con l’errata convinzione che il glutine faccia male e che eliminarlo sia più salutare. Senza contare l’inutile esborso, che secondo le stime mostrate nel convegno è pari a 105 milioni di euro. Solo qualche anno fa i soggetti celiaci avevano grosse difficoltà nel reperire alimenti specifici, la qualità della consistenza e il sapore erano spesso scadenti e mangiare fuori casa risultava complicato. Oggi i cibi “gluten free” sono sempre più diffusi in tutti i supermercati e i ristoranti si sono attrezzati per ampliare l’offerta e venire incontro alle esigenze di clienti con intolleranze, ma questa disponibilità ha reso il consumo di alimenti senza glutine erroneamente una tendenza: «Attenzione a non farsi soggiogare dal marketing che pubblicizza prodotti “senza glutine” come la nuova frontiera del mangiare sano – spiega il Dott. Paolo Paganelli, biologo nutrizionista -. Chi non ha reali intolleranze al glutine o una diagnosi di celiachia comprovata da un gastroenterologo, non dovrebbe eliminare dalla propria dieta questa proteina contenuta in alcuni cereali mangiando surrogati o sostituti di frumento e farro».

Il consiglio, invece, è quello di ruotare gli alimenti, introducendo nella propria dieta farine diverse come quelle di grano saraceno, riso, mais, miglio, quinoa, sorgo, per evitare sensibilizzazione e abituare il nostro organismo ad assimilare nutrienti diversi. «Le farine sostitutive sono spesso a base di legumi, come lupini, ceci, lenticchie – continua il Dott. Paganelli -. Ottima fonte di proteine, ma andrebbero assunti saltuariamente e sempre all’interno di una dieta varia e bilanciata. Se si abusa di questi prodotti risultano pro-infiammatori per l’intestino».

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